Corte di Cassazione Civile – Sezione Tributaria
Ordinanza del 25 marzo 2022 n. 9696
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere
Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12118/2017 R.G., proposto da:
la ” (OMISSIS) S.p.A.”, con sede in Roma, in persona del direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
– ricorrente –
contro
la ” (OMISSIS) S.r.l.”, con sede in Taranto, in persona del presidente del consiglio di amministrazione pro tempore, nella qualita’ di concessionaria per l’accertamento e la riscossione dell’imposta sulla pubblicita’ e sulle pubbliche affissioni per il Comune di Perugia, rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con studio in Taranto, elettivamente domiciliata presso l’Avv. (OMISSIS), con studio in Roma, giusta procura in margine al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
– controricorrente –
nonche’ nei confronti di:
il Comune di Perugia, in persona del Sindaco pro tempore;
– intimato –
Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Perugia il 9 novembre 2016 n. 546/01/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata (mediante collegamento da remoto, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 27, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020 n. 176, in virtu’ della proroga disposta dal Decreto Legge 30 dicembre 2021, n. 228, articolo 16, comma 3, in corso di conversione in legge, con le modalita’ stabilite dal decreto reso dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed Automatizzati del Ministero della Giustizia il 2 novembre 2020) del 3 febbraio 2022 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.
RILEVATO
CHE:
La ” (OMISSIS) S.p.A.” ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Perugia il 9 novembre 2016 n. 546/01/2016, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento dell’imposta comunale sulla pubblicita’ per l’anno 20:14, in dipendenza dell’esposizione di uno striscione pubblicitario all’interno del Palazzetto dello Sport di Perugia, ha accolto l’appello proposto dalla ” (OMISSIS) S.r.l.”, nella qualita’ predetta, nei confronti della medesima e del Comune di Perugia avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Perugia il 28 settembre 2015 n. 438/02/2015, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la decisione dl prime cure sul presupposto che la venditrice dei beni reclamizzati – a prescindere dall’ausilio della rete distributiva dei concessionari – fosse obbligata al pagamento dell’imposta comunale sulla pubblicita’ per i mezzi pubblicitari relativi alle autovetture vendute all’ingrosso. Il ricorso e’ affidato a due motivi. La ” (OMISSIS) S.r.l.”, nella qualita’ predetta, si e’ costituita con controricorso, mentre il Comune di Perugia e’ rimasto intimato.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo, si denuncia nullita’ della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 36, comma 2, n. 4, articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e articolo 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver deciso l’appello con motivazione apparente in ordine alla nullita’ dell’avviso di accertamento per carenza di motivazione sui presupposti di fatto e sulle ragioni di diritto della pretesa impositiva per violazione e/o falsa applicazione L. 27 dicembre 2006, n. 296, articolo 1, comma 162, della L. 27 luglio 2000, n. 212, articolo 7, comma 3, e della L. 7 agosto 1990, n. 241, articolo 3, comma 1.
2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legislativo 15 novembre 1993, n. 507, articolo 6 in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver rilevato la carenza di legittimazione passiva della ricorrente rispetto alla pretesa impositiva.
Ritenuto che:
1. Preliminarmente, ragioni di priorita’ logica inducono ad invertire l’ordine di prospettazione dei motivi di ricorso, esaminando, dapprima, il secondo e, poi, il primo.
1.1 Cio’ posto, il secondo motivo e’ fondato, derivandone l’assorbimento del primo motivo.
1.2 La censura deduce l’assoluta estraneita’ della ” (OMISSIS) S.p.A.” ai presupposti soggettivi dell’imposta comunale sulla pubblicita’ in relazione all’esposizione di uno striscione pubblicitario di mq. 257 con la dicitura ” (OMISSIS)” ed il logo “(OMISSIS)” durante l’anno 2014 all’interno del Palazzetto dello Sport di Perugia.
Secondo l’accertamento fattone dal giudice di prime cure, che non e’ stato contraddetto in sede di appello, peraltro, “lo striscione era chiaramente attribuibile alla concessionaria (OMISSIS), il cui nome campeggiava a lettere cubitali sullo striscione” medesimo (vedasi la premessa “in fatto” della sentenza impugnata).
A dire della ricorrente, essa non sarebbe soggetto passivo d’imposta ne’ in via principale, non avendo la disponibilita’ dell’impianto pubblicitario, ne’ in via solidale, non vendendo autovetture con marchio ” (OMISSIS)” ai consumatori destinatari del messaggio pubblicitario; di contro, unici soggetti all’obbligazione tributaria sarebbero, da un lato, la ” (OMISSIS) Soc. Cons. a r.l.”, in qualita’ di concedente gli spazi pubblicitari ed organizzatrice del servizio pubblicitario, e la ” (OMISSIS) S.r.l.”, in qualita’ di concessionaria dello spazio pubblicitario e venditrice con esclusiva di autovetture con marchio ” (OMISSIS)” ai consumatori destinatari del messaggio pubblicitario.
1.3 Ai sensi del Decreto Legislativo 15 novembre 1993, n. 507, articolo 6: “1. Soggetto passivo dell’imposta sulla pubblicita’, tenuto al pagamento in via principale, e’ colui che dispone a qualsiasi titolo del mezzo attraverso il quale il messaggio pubblicitario viene diffuso. 2. E’ solidalmente obbligato al pagamento dell’imposta colui che produce o vende la merce o fornisce i servizi oggetto della pubblicita’”.
Secondo questa Corte, in tema di soggetto passivo dell’imposta comunale sulla pubblicita’, ai sensi del Decreto Legislativo 15 novembre 1993, n. 507, citato articolo 6 – norma di tenore analogo al Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 639, previgente articolo 7 -, accanto a chi dispone del mezzo attraverso il quale il messaggio pubblicitario viene diffuso, “tenuto al pagamento in via principale”, “e’ solidalmente obbligato al pagamento dell’imposta” colui che produce o vende la merce o fornisce i servizi oggetto della pubblicita’: una siffatta obbligazione solidale non e’ condizionata all’esistenza di un effettivo rapporto giuridico-economico fra i due soggetti, ne’ alla preventiva escussione dell’obbligato principale. La disciplina non e’ in contrasto con l’articolo 53 Cost., giacche’ il principio della capacita’ contributiva non esclude che la legge possa stabilire prestazioni tributarie a carico, oltreche’ del debitore principale, anche di altri soggetti, purche’ non estranei al presupposto d’imposta costituito dalla diffusione del messaggio pubblicitario -, come sono coloro che, svolgendo l’attivita’ economica oggetto della pubblicita’, da questa traggono immediato e diretto vantaggio; ne’ e’ in contrasto con l’articolo 3 Cost., in quanto il beneficium excussionis riveste, nelle obbligazioni solidali, carattere eccezionale (Corte Cost., 20 dicembre 2000, n. 557) (Cass., Sez. 5, 7 aprile 2005, n. 7314; Cass., Sez. 5, 23 luglio 2010, n. 17385; Cass., Sez. 5, 11 maggio 2012, nn. 7346 e 7348; Cass., Sez. 5, 13 giugno 2012, n. 9627; Cass., Sez. 5, 21 novembre 2018, nn. 30046, 30047 e 30050).
Mentre e’ appena il caso di aggiungere che alla solidarieta’ passiva nel senso sopra precisato si ricollegano quali necessari corollari il diritto di rivalsa dell’obbligato solidale nei confronti del debitore principale e il diritto al risarcimento del danno nel caso in cui la diffusione del messaggio pubblicitario avvenga in difformita’ o, come di fatto possibile, in difetto di un sottostante rapporto giuridico (Cass., Sez. 5, 23 luglio 2010, n. 17385; Cass., Sez. 5, 21 novembre 2018, nn. 30046, 30047 e 30050).
1.4 Nella specie, a fronte della eccezione opposta dalla ” (OMISSIS) S.p.A.” “di non poter essere considerata produttore perche’ il produttore e’, notoriamente, la casa madre francese; e di non poter essere considerata venditore perche’ non ha locali destinati alla vendita al dettaglio”, la sentenza impugnata ha rilevato che, “nella nozione di “vendita”, specie quando si tratta di beni immessi nel mercato al consumo attraverso catene distributive, rientra anche la cessione a un soggetto intermedio della catena (nella specie il concessionario)” e che “la ” (OMISSIS) S.p.A.”, pur protestando la propria estraneita’ alla vendita al dettaglio, non ha precisato in giudizio quale attivita’ diversa dalla vendita delle autovetture a marchio ” (OMISSIS)” sia (o possa essere) il concreto oggetto della sua attivita’”.
1.5 Ora, nel definire il “presupposto dell’imposta”, il Decreto Legislativo 15 novembre 1993, n. 507, articolo 5 dispone che: “1. La diffusione di messaggi pubblicitari effettuati attraverso forme di comunicazione visive o acustiche, diverse da quelle assoggettate al diritto sulle pubbliche affissioni, in luoghi pubblici o aperti al pubblico o che sia da tali luoghi percepibile e’ soggetta all’imposta sulla pubblicita’ prevista nel presente decreto. 2. Ai fini dell’imposizione si considerano rilevanti i messaggi diffusi nell’esercizio di una attivita’ economica allo scopo di promuovere la domanda di beni o servizi, ovvero finalizzati a migliorare l’immagine del soggetto pubblicizzato”. Secondo l’interpretazione di questa Corte, il Decreto Legislativo 15 novembre 1993, n. 507, articolo 5 intende assoggettare ad imposizione il messaggio pubblicitario attuato “attraverso forme di comunicazione visive o acustiche”, in quanto espressivo di capacita’ contributiva, tutte le volte in cui l’uso del segno distintivo dell’impresa o del prodotto (ditta, ragione sociale, marchio) travalica la mera finalita’ distintiva, che e’ quella di consentire al consumatore di riconoscere i prodotti o servizi offerti sul mercato dagli altri operatori del settore, orientandone le scelte, per il luogo (pubblico, aperto o esposto al pubblico) ove esso e’ situato, per le sue caratteristiche strutturali, o per le modalita’ di utilizzo, in quanto oggettivamente idoneo a far conoscere ad un numero indeterminato di possibili acquirenti o utenti il nome, l’attivita’ o il prodotto dell’impresa (tra le tante: Cass., Sez. 5, 29 aprile 2015, n. 8658; Cass., Sez. 5, 11 maggio 2018, n. 11530; Cass., Sez. 5″, 21 novembre 2018, nn. 30046).
In ogni caso, la responsabilita’ solidale di colui che produce o vende la merce o fornisce i servizi oggetto della pubblicita’, e’ collegata alla spesa pubblicitaria da questi sostenuta e sorge soltanto se il messaggio pubblicitario, finalizzato al richiamo dell’attenzione del pubblico sul prodotto o sul servizio, con conseguente potenzialita’ ad incrementare il risultato positivo di attivita’ commerciali, e’ effettivamente diffuso, cosi’ divenendone l’utilizzatore finale (Cass., Sez. 5, 7 aprile 2005, n. 7314; Cass., Sez. 5, 5 ottobre 2007, n. 20877; Cass., Sez. 5, 30 ottobre 2009, n. 23007; Cass., Sez. 5, 23 luglio 2010, n. 17385)
1.6 Su tali premesse, e’ convinzione del collegio che la pretesa impositiva deve essere strettamente correlata al vantaggio immediato e diretto dell’imprenditore beneficiario rispetto alla risonanza del messaggio pubblicitario nella platea dei consumatori destinatari, che sono potenziali acquirenti o utenti dei beni o dei servizi reclamizzati, venendo in rilievo anche la dimensione territoriale dell’offerta imprenditoriale e della diffusione pubblicitaria.
In tale prospettiva, quindi, il distributore su scala nazionale che fornisce autovetture prodotte all’estero ai soli rivenditori al dettaglio, nel caso di insussistenza di un rapporto contrattuale con terzi per la fruizione degli spazi pubblicitari, non puo’ ritrarre alcuna utilita’ (almeno diretta ed immediata) sul piano commerciale – e, quindi, non puo’ subire alcun onere di natura fiscale – dalla pubblicita’ commissionata dal rivenditore di tali autovetture in ambito locale.
Ne’ rileva che il mezzo pubblicitario (striscione) richiami il marchio del concedente (” (OMISSIS)”), considerando che come risulta dall’accertamento fattone dal giudice di primo grado e non disatteso dal giudice di secondo grado – tale
elemento era strumentalmente collegato, nella
rappresentazione grafica del messaggio promozionale, anche in considerazione dell’esposizione all’interno di un impianto sportivo accessibile ai membri di una comunita’ locale (il Palazzetto dello Sport di Perugia), alla denominazione sociale del concessionario (” (OMISSIS) S.r.l.”), che era l’unico a poter beneficiare, anche sul piano dell’immagine commerciale, oltre che sul piano dell’incremento patrimoniale, della risonanza di tale propaganda nella rivendita ai consumatori finali dei beni reclamizzati (autovetture).
1.6 E’ evidente, quindi, che, in difformita’ da tale principio, il giudice di appello ha ritenuto sufficiente per la soggezione all’imposta sulla pubblicita’ comunale che “la mancata precisazione in giudizio di quale specifica attivita’ diversa dalla vendita sia in concreto compiuta dalla societa’ consente di affermare con ragionevole certezza che ” (OMISSIS) S.p.A.” vende autoveicoli a marchio ” (OMISSIS)” attraverso la rete dei concessionari italiani della marca, o cedendo loro le autovetture oppure coordinandone le attivita’, il che la includerebbe comunque nel ciclo economico della vendita al dettaglio”. La’ dove, invece, l’esercizio della vendita all’ingrosso, attraverso la distribuzione su scala nazionale delle autovetture prodotte all’estero alla capillare rete dei rivenditori al dettaglio, pone la ricorrente in una posizione di assoluta estraneita’ rispetto ai presupposti stessi dell’imposizione.
2. In conclusione, valutandosi la fondatezza del secondo motivo e l’assorbimento del primo motivo, il ricorso puo’ trovare accoglimento entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., comma 1, u.p., con pronuncia di accoglimento del ricorso originario della contribuente.
3. Le spese dell’intero giudizio possono essere compensate in considerazione dell’assoluta novita’ della questione esaminata.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso; dichiara l’assorbimento del primo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente; compensa le spese dell’intero giudizio.